Ogni qualvolta ci si imbatta nel concetto di imperialismo linguistico, non si può non pensare alla diffusione e allo strapotere della lingua inglese ai giorni nostri. Non a caso questa lingua così altamente competitiva in termini di numero di parlanti risulta essere prima lingua per circa 350 milioni di persone in tutto il mondo. Come se non bastasse, più di un miliardo e mezzo di individui sparsi nel mondo parla inglese come seconda lingua.
Ciò che fa di questo idioma un forte veicolo contemporaneo di comunicazione è dato non tanto dalla sua alta diffusione quanto dal prestigio di cui lo stesso gode. Difatti l’inglese è la lingua parlata nel Pentagono, la lingua della politica internazionale, della tecnologia e della scienza, nonchè un onnipresente veicolo di comunicazione all’interno dell’immenso circuito Internet.
Enormi multinazionali di stampo americano, quali, tra le tante, Coca-Cola o Microsoft, non hanno fatto altro che favorire questo fenomeno di imperialsmo linguistico.
La padronanza di questo idioma viene considerata dunque una chiave d’accesso completo nella realtà contemporanea sempre più globalizzata. Per questo motivo, un ricercatore italiano, francese o spagnolo di qualsiasi disciplina che voglia dare spessore alla pubblicazione ufficiale del proprio lavoro è spinto a tardurre il proprio lavoro in inglese.
Dunque, servizi di traduzione e interpretariato diventano strumenti di comunicazione moderna più che mai necessari in un mondo sempre più “piccolo”, dove le distanze fisiche e culturali tra i popoli si riducono all’osso. Dall’ Asia all’ Europa, un modo essenziale per emergere in un contesto commerciale altamente internazionalizzato è quello di servirsi di esperti linguistici che padroneggino la lingua inglese e possano essere capaci di offrire tali servizi di traduzione per la propria impresa.
All’inverso, quando una grossa multinazionale americana installa i propri impianti in un territorio linguisticamente lontano dalla lingua inglese, sorge la necessità di trattare e comunicare con chi gli abitanti del luogo. Si parla dunque di localizzazione linguistica nella quale l’opera di traduttori specializzati diviene ovviamente la base vitale.
Un altro esempio di quanto servizi di traduzione e d’interpretariato siano costantemente presenti e importanti strumenti di comunicazione transnazionale è dato dall’utilizzo degli stessi in conferenze e summit di diversa natura che si svolgono regolarmente in tutti gli angoli della terra. La lingua veicolare è anche qui molto l’ inglese e ciò si intuisce meglio se si considerano alcuni dei seguenti fattori: in primo luogo il peso politico internazionale di primissimo ordine svolto dagli Stati Uniti; in secondo luogo, l’effettiva diffusione della lingua inglese e la sua ufficialità in un gran numero di Stati data l’espansione colonialistica britannica dei secoli scorsi.
Tutto ciò ci conduce nuovamente al concetto di imperialismo linguistico dell’inglese nel mondo, e a quanto efficaci e costantemente presenti debbano essere le opere di traduttori e interpreti che fungono da punto di raccordo tra una cultura globalizzata “dominante” che parla inglese, e quelle, più autentiche, locali o regionali che, in un modo o nell’altro, si trovano a dover fare i conti con il colosso linguistico che getta inesorabilmente la sua ombra nei quattro angoli del pianeta.